ATTACCAMENTO: OVVERO?






Si sente spesso parlare di attaccamento, dando per scontato che anche i non addetti ai lavori ne conoscano il significato. Ma di cosa si tratta precisamente? 

Cercherò di spiegarlo in modo dettagliato. 


L’attaccamento è un sistema di adattamento evolutivo della specie umana. 

Nella preistoria i cuccioli di uomo, in un ambiente totalmente ostile, dovevano essere in grado di richiamare l’attenzione dell’adulto che si prendeva cura di loro, la madre, attraverso una serie di richiami (poi indicati con l'espressione "protesta per la separazione"). 

Nel corso dell'evoluzione i bambini biologicamente predisposti a stare vicino alle loro madri, avevano meno probabilità di essere uccisi dai predatori. 

Per questo possiamo dire che il comportamento dell'attaccamento ha avuto una funzione filogenetica: senza protezione dai predatori, infatti, il nutrimento e l’apprendimento erano inutili, il cucciolo non sopravviveva.

Da questo punto di vista, il sistema dell'attaccamento può essere considerato come una normale e salutare caratteristica strutturale degli esseri umani, presente durante tutto il loro ciclo di vita. 

Il fenomeno venne pienamente compreso e teorizzato per la prima volta negli anni '50 dallo psicologo inglese John Bowlby, che, in collaborazione con l'etologo Konrad Lorenz, iniziò a studiare il fenomeno dell’imprinting negli uccelli, finendo poi per dedicarsi ai complessi legami che i piccoli dei mammiferi formano con i loro genitori.

Gli animali capaci di chiedere cura e vicinanza protettiva ai conspecifici (altri membri della stessa specie), avevano infatti più probabilità di assicurarsi il cibo e sfuggire ai predatori.

Tale comportamento di attaccamento è innato negli esseri umani, non ha bisogno di essere appreso, perché è organizzato in base a regole inscritte nel sistema nervoso centrale fin dalla nascita; queste regole  vengono mantenute nel patrimonio genetico in ragione del vantaggio che procurano in termini evoluzionistici, ovvero un aumento della probabilità di sopravvivenza.

Il bambino quindi, a partire dall' 8° mese di vita, mette in atto comportamenti di attaccamento che sensibilizzano la madre a notare l'interesse nei suoi confronti e ad avvicinarla (per esempio la vocalizzazione o il sorridere), oppure può avvicinarsi o seguire la madre; si tratta di una serie di comportamenti attivi che muovono il bambino verso la madre: il piccolo applica quindi, a seconda della situazione, diversi "richiami" per attirare l'attenzione della figura materna. 

Tale richiesta di vicinanza è più evidente nelle situazioni di pericolo o di stress, fattori che possono essere sia di origine esogena, dunque esterni al bambino, come la presenza di stimoli minacciosi, sia di origine endogena come, ad esempio, la fame o un malessere fisico.

Una volta che il bambino ha messo in atto questi comportamenti, volti ad attirare l'attenzione della figura di accudimento, diventa fondamentale la posizione e il comportamento della madreSe la madre risponde in modo appropriato alla richiesta del bambino si assiste all'interruzione del comportamento di attaccamento, che cessa infatti in presenza di uno stimolo rassicurante, come ad esempio il contatto con la madre.

Ovviamente più lo stimolo di pericolo è intenso, più il sistema di attaccamento viene attivato e dunque maggiore sarà la necessità di contatto con il caregiver per farlo cessare.

Il sistema rimarrà attivo finchè lo scopo non verrà raggiunto (il bambino viene rassicurato) per poi cessare.

Si può parlare di relazione di attaccamento quando vi è la presenza di tre caratteristiche fondamentali:


1) Ricerca di vicinanza alla figura preferita (caregiver) da parte del bambino come condizione per sentirsi al sicuro.

2) Il bambino ricerca nell'adulto la presenza di una base sicura a cui poter far riferimento, una porto a cui poter attraccare in caso di pericolo che gli consente di  dare spazio alla curiosità e all'esplorazione del mondo circostante.
3) Il bambino manifesta una protesta a seguito della separazione dalla figura di attaccamento.

Maggiore sarà la situazione di pericolo, più il bambino cercherà il contatto con la figura di accudimento, minore sarà la percezione del pericolo, più facilmente sarà messo in atto invece il comportamento esplorativo. 

Si può dunque definire, da un punto di vista comportamentale, il sistema dell' attaccamento come un dispositivo che regola costantemente l'equilibrio tra il bisogno di sicurezza  e il bisogno di esplorazione dell'ambiente circostante.

Ovviamente la figura di attaccamento, risponderà con diversi gradi di sintonia e sollecitudine, a seconda di quelle che sono le proprie caratteristiche personali e la propria storia affettivo-relazionale.

Il compito dell'adulto caregiver è quello di essere disponibile e responsivo quando chiamato in causa, intervenendo solo quando è necessario.


In caso di risposta adeguata da parte del caregiver, il bambino svilupperà la certezza interna di poter trovare nell'adulto una base sicura, a partire dalla quale si potrà affacciare verso il mondo esterno e alla quale potrà sempre ritornare per essere accolto, nutrito, rassicurato, confortato. 

ll bambino svilupperà quindi quello che è chiamato attaccamento sicuro e da adulto sarà in grado di costruire relazioni affettive sane e nutrienti

Quando invece ciò non accade, quando cioè l'adulto di riferimento non è responsivo e il bisogno di accoglienza e di rassicurazione del bambino viene frustrato, il piccolo svilupperà un attaccamento insicuro.


A partire da queste prime esperienze con il caregiver il bambino inizia a costruire il proprio originale stile di relazione, nonché a crearsi delle aspettative nei confronti della realtà esterna.
Pertanto l’attaccamento ha un ruolo di primo piano nella costruzione dell’immagine di sé, in particolare per quanto concerne gli aspetti di amabilità personale e di  competenza relazionale.


Durante la prima infanzia infatti le prime esperienze di attaccamento lasciano una traccia stabile nelle successive modalità affettive, cognitive e comportamentali.  


Nel prossimo articolo descriverò nello specifico i diversi stili di attaccamento e la relazione tra questi e la scelta del partner da adulti (il legame che il bambino sperimenta in questa relazione con il caregiver, modellerà infatti i successivi legami), con particolare attenzione alle dinamiche insite nella dipendenza affettiva.
                                                                                                 
                                                                                                                 Michaela Sbarra




Bibliografia:


Attili G., Attaccamento e amore, Bologna, Il Mulino, 2004
Bowlby J., Costruzione e Rottura dei legami affettivi, Milano, Cortina Raffaello, 1982
Levine A., Heller R., Dimmi come ami e ti dirò chi sei, Milano, Tea, 2012


Sitografia:

http://www.abcpsy.it/lo-sviluppo-del-legame-di-attaccamento-madre-bambino.html
http://www.personaedanno.it/minori-donne-anziani/la-teoria-dell-attaccamento-gian-maria-felicetti


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